Il pessimismo ironico di Luca Luciano
Nel settore dell’arte le novità sono vere rarità.
Di norma pur variando gli autori i contenuti delle opere, pur elaborati con tecniche e stili diversi, sono gli stessi: paesaggi, figure, nudi, rovine, tempeste marine …
Poi subentra un fattore perturbante, raramente accolto bene dai contemporanei, destinato a volte a diventare nel tempo un riferimento storico. Citando in ordine sparso Espressionismo, Surrealismo, Dadaismo, Pop Art, Arte Povera, Mailing Art, Impressionismo, Arte Concettuale e via enumerando. Serve un caposcuola per fondare un movimento, scoprire o inventare un nuovo genere, ma una volta partito il filone viene seguito dagli adepti che lo elaborano, lo migliorano (o peggiorano), lo trasformano; ma resterà comunque quel movimento. Mi viene da pensare alle plastiche ai cretti ed alle combustioni di Ezio Bruno Caraceni (1927 - 1986) morto troppo presto per poterne raccogliere i frutti, sviluppate poi e portate al massimo livello dall’opera di Alberto Burri (1915 – 1995).
A mio avviso l’opera di Luca Luciano rappresenta nell’ambito dell’arte attuale un fattore perturbante, destinato a svilupparsi ed a moltiplicarsi in rivoli, ruscelli e fiumi oggi difficilmente ipotizzabili.
Per cominciare la lettura delle opere di Luca Luciano, che a prima vista sembrano facili e divertenti, e divertenti spesso lo sono davvero che l’uomo è animale per sua natura giocoso, è in realtà molto difficile: ci sono, come è giusto che ci sia nell’opera di ogni bravo artista, le citazioni di altri artisti, ma non bastano; ci sono il surrealismo, la metafisica, la Pop Art, un pizzico di astrattismo, …
Volendo cercare dei riferimenti a cui Luca Luciano può essersi ispirato vengono in mente Abdul Mati Klarwein (1932 – 2002) visionario poeta del sublime che come Luciano aveva una sorta di agarofobia sulla tela per cui ogni singolo centimetro quadrato doveva essere utilizzato. Anche Fernand Léger (1881 - 1955) con le sue costruzioni e Maurits Cornelis Escher (1898 – 1972) con le sue tassellature sono anche da annoverare fra le basi di Luca Luciano; un richiamo viene anche naturale alla figure di Arcimboldi (1526 - 1593) dove al posto delle messi o della frutta Luciano usa teste umane e di animali, e anche corpi di animali, che sorprendono e divertono lo spettatore.
Mi piace pensare che forse l’opera Habitat ha dei riferimenti nell’opera di Paolo Cervino.
Personalmente sono rimasto molto colpito da L’addormentata, olio su tela del 2011, che mi ha riportato immediatamente alla memoria Ofelia, olio su tela di John Everett Millais (1829 - 1896) del 1852, che pure è profondamente diversa come stile, come impostazione e come elaborazione. Eppure mi danno la stessa profonda sensazione.
Ancora questo non basta per avere una corretta visione dell’arte di Luca Luciano, che ha dei radicamenti nelle correnti americane ed europee della seconda metà del secolo scorso, però rivisitate e adattate al suo mondo, anche grazie agli studi di disegno fatti in età giovanile. Luciano fonde la Pop Art con il Surrealismo, gioca sulla figura umana con grande capacità di sintesi, creando situazioni giocosamente surreali. I suoi personaggi non sono mai singoli, ma figure che condividono un rituale collettivo come personaggi pirandelliani in cerca d’autore, ma contemporaneamente uno-nessuno-centomila come mirabilmente raffigurato in Castore e Polluce, dove sono chiari anche i riferimenti a Salvador Dalì (1904 – 1989) sia nei sostegni delle teste che nel soggetto dell’opera; ma a differenza dell’omonima opera incisoria del pittore catalano dove i gemelli sono indistinguibili perché omozigoti in Luciano sono chiaramente differenziati (eterozigoti) come si nota chiaramente dalla tassellazione con cui le teste sono riempite. Personaggi forse anche anonimi, in cerca appunto d’autore, ma con una loro personalità.
Le opere di Luca Luciano sono molte, come si compete ad un professionista dell’arte, e apparentemente molto diverse tra di loro, ma tutte caratterizzate da un disegno pulitissimo, retaggio degli studi giovanili, da colori compatti e nitidi e da un riempimento geometrico perfetto. Vengono richiamati concetti filosofici e mitici assieme a visioni del mondo contemporaneo offerti attraverso le immagini.
Luciano apre le porte del sogno, della fantasia e del gioco: caratteristiche dell’essere umano come ben dimostrato dal pensatore olandese Johan Huizinga (1872 - 1945) nel suo fondamentale studio “Homo Ludens” pubblicata nel 1938. Ogni sua opera meriterebbe un discorso a parte, nonostante possano apparire fra di loro piuttosto simili da un punto di vista formale, osservandole attentamente si dimostrano molto diverse nei contenuti ed eppure, nonostante questo, danno luogo, amalgamate tra di loro, a un universo organico e armonioso. Un “Mondo Altro”.
Attraverso il suo lavoro l’artista dà una forma oggettiva e materiale ad un suo mondo personale.
Luciano cerca una verità che si sprigiona attraverso il gioco, il mito, il logos. La sua arte è filosofica, la ricerca è alla base di tutto questo, la ricerca della verità, la sua personale entelechia: andare alla ricerca della verità attribuendo senso al soggetto dell’opera perché la forma è sostanza. La forma non può sottrarsi al significato e il significato alla forma.
Guardando le opere da una parte tutto questo risulta facilmente comprensibile, così in Media e in Superfici la forma richiama chiaramente la sostanza, ma anche in Il tempo la figura di don Chisciotte che combatte una battaglia persa contro il tempo, circondato da fantasmi, è forma consolidata dalla letteratura che diventa sostanzaal giorno d’oggi. Sostanza impalpabile dal momento che i cavalieri erranti sono ormai un specie estinta. E non è certo un caso che don Chisciotte sia poi presente anche nella intrigante opere Sciarada dove è aiutato dallo scudiero Sancho Panza nella battaglia contro i mulini a vento, ma soprattutto contro i reali fantasmi del cavaliere errante, ricordati anche in una canzone di Francesco Guccini.
D’altra parte le stesse opere, nella loro forma che deriva dalla complessa tassellatura che congloba i mondi animale-vegetale-minerale sono così chiaramente incomprensibili che ci fanno ritrovare osservatori estraniati, alla Bertold Brecht, davanti a questo meraviglioso mondo dei balocchi che ritroviamo in Allegro chirurgo, Il circo o Pinocchide.
Con l’eccezione dell’Addormentata e de I giganti le sagome sono apparentemente anonime, senza sguardo: gli occhi o non ci sono o sono quasi sempre chiusi o socchiusi, le figure umane delle tassellature condividono una specie di rituale collettivo dove tante immagini disparate sono combinate insieme in un lavoro, stranamente coerente , richiamando i personaggi pirandelliani già ricordati. Questi personaggisono a volte solo singole comparse, ombre, a volte folla in movimento verso mete od attività misteriose.
Ci svelano la visione poetica dell’autore: un pessimismo pieno di ironia di un uomo che vive i tempi difficili del presente.
Risulta ora evidente perché sia così difficile descrivere adeguatamente l’opera di Luca Luciano, la descrizione di ogni singola opera porta a conclusioni fuorvianti da quella che dovrebbe invece essere una visione olistica del percorso dell’artista, esattamente come accade per i sei ciechi che descrivono un elefante toccando ognuno una parte diversa dell’animale.
Prof. Manlio Gaddi
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